Ora chiedo aiuto e scelgo
Parlare del mio percorso in programma è veramente difficile. Sono ormai passati 4 anni da quando entrai in Accoglienza, quindi non è facile mettere insieme i ricordi.
Ho anche un po’ di vergogna e dolore a immaginarmi com’ero quella volta a confronto di oggi con tutti i cambiamenti che sono orgogliosa d’aver fatto.
Mi fa male ricordare la disperazione di vita dalla quale venivo all’inizio del programma. Un senso di vuoto mi assale, mi appesantisce, mi chiude lo stomaco.
Non avevo ideali, nè valori, ne tantomeno contatto con me stessa. Non sapevo il significato delle parole rispetto e dignità. Compiacevo gli altri per ottenere quello che volevo. Non mi lasciavo avvicinare, ne tantomeno voler bene quindi ero incapace a volerne.
L’unica cosa che possedevo era la mia immagine fortemente costruita in 15 anni di tossicodipendenza. Era l’unica forma di difesa alla mia fragilità e l’immagine fu anche lo scudo con cui andai avanti per gran parte del programma. Farmi veder forte fu la maschera che mi difese da tante domande e il mio disimpegno davanti al vero confronto.
Non ho mai accettato di aprirmi completamente, c’è stata sempre una parte di me che doveva fare come voleva: quella parte mi portò alla ricaduta. E fu su quella parte che dovei lavorare duramente con Angela, quando ritornai a Serra dei Conti. È da li che cominciò il mio vero programma. M’imposi come regola di percorso l’onestà e l’umiltà e sono ancora oggi le regole di vita che una volta interiorizzate mi permettono oggi di vivere nel rispetto e nella dignità della mia persona, oltre che nel rispetto degli altri.
Fondamentalmente con la ricaduta aprii gli occhi davanti a tutti quei valori che la Comunità nel corso di un anno ti insegna, ma che io feci miei solo a partire da quel giorno.
Fu un momento drammatico quando un giorno incrociai gli occhi di mia madre disperati, l’amarezza di mio fratello, la pietà di due operatori, la tenerezza del mio ragazzo, l’annullamento del mio essere. Sento ancora la vergogna e sensi di colpa nei confronti di queste persone. Il mio stomaco si chiude in un morso di emozioni difficili da sostenere. La delusione e il senso di sconfitta mi portarono a chiedere nuovamente una mano in un modo diverso e nuovo: con umiltà e sincerità.
Cominciai a dare un senso e valore a qualsiasi cosa o gesto. Sarò sempre grata a Simone, Zelinda e Lorenzo per quello che fecero per farmi rientrare.
Tornando alla prima fase del programma, l’Accoglienza, non ho un gran bel ricordo.
A parte lo stato emotivo del quale ho già parlato, la mia Accoglienza fu fatta di compromessi e di un triste abbandono, solo dopo il quale sentii il mio primo vero contatto umano: con Angela. Fu per questo che rientrai, mentre fuori ero sola, sentii che in quel posto c’era qualcuno disposto ad aiutarmi. Del resto Angela è ancora oggi l’unica operatrice che ha il potere di sfondare le mie barriere e arrivarmi dritta allo stomaco a contatto con i miei sentimenti. Il motivo per quale entrai in Accoglienza fu la morte di mio padre. Morì chiedendomi di smettere, i sensi di colpa mi salivano ogni volta che mi andavo a fare. Non ci stavo più dentro. Ero arrivata al punto di fumarmi grammi e grammi di eroina per non usare la siringa. Era il mio modo per aggiustarmi le cose, dopo la sua morte. Durai poco: ebbi un brutto incidente, mi ritirarono la patente, sfasciai la macchina e mia madre mi mise alle strette o in Comunità o fuori casa.
Entrai quindi completamente inconsapevole, con gli psicofarmaci che ormai mi stavano squagliando il cervello.
La Comunità è invece un posto meraviglioso. Qui imparai a riconoscere i miei sentimenti a dargli un nome. Imparai a riconoscere i miei meccanismi di difesa al dolore. Ultima e fondamentale cosa fu lavorare sul mio passato e capire quanto esso sia stato doloroso e condizionante sul mio presente.
Naturalmente la magia e le emozioni che si vivono nell’affrontare i vari gruppi del programma comunitario sono delle sensazioni talmente uniche, impossibile da rimandare agli altri. Rimangono dentro di me come il bene più segreto da dover custodire, basi fondamentali del mio percorso di crescita.
Oltre i gruppi ci sono stati momenti di gioia, di liti, di dolore, di condivisione passati con le persone che fanno parte del programma e con gli operatori. Nascono stupende amicizie in CT, che fuori diventano ancora più importanti quando hai la possibilità di poterle testare.
Del mio Primo Rientro non voglio parlare, anche se occupa 10 mesi del mio programma, è stato del tutto insignificante. Non riuscii quella volta ad accettare la realtà per la sua difficoltà. Ero ancora immersa nella mia negatività, unico ambiente che mi ha protetto nella vita, in passato. Risentii da subito il senso della mia non scelta nei confronti di una vita diversa.
Il mio Secondo Rientro rappresenta invece la crescita e il cambiamento che sento ora d’aver fatto. Ho passato un anno e mezzo questa volta al Rientro tra residenziale e fase C. Sembra tanto tutto questo tempo, ma sento che per me serviva. Nella sfortuna di non aver trovato subito lavoro, credo di aver maturato la capacità di portare pazienza. Oggi riconosco di essere molto meno impulsiva, anche grazie al fatto che riesco ad ascoltare e farmi aiutare quando ne ho bisogno.
Non più come una volta quando devo chiedere metto davanti l’orgoglio, perché andare avanti di presunzione so dove mi porta. Molte volte ho paura a credere troppo in me stessa e nelle mie possibilità, credo sempre di andare in presunzione, allora è in quei momenti che mi faccio stare vicina e sento il piacere di potermi appoggiare. Il confronto con le persone che mi vogliono bene è d’obbligo, questo mi aiuta a tenere i piedi per terra. Oggi a differenza del passato non faccio più fatica a farmi voler bene, permetto agli altri di far conoscere la mia parte fragile, timida. È quella la mia nuova ricchezza. Ho imparato a scegliermi le persone da tenermi vicine e non mi lascio più scegliere dalle situazioni o dal comodo. Oggi mi sento libera.
Credo di aver lavorato molto bene e di aver risolto il problema della dipendenza affettiva. La fase C mi ha confermato questo, oggi riesco finalmente a stare da sola senza un uomo dal quale dover dipendere.
La fase C è durissima, in dei giorni spaventosa, ma ti cresce. La scelta di andare a vivere da sola è risultata giusta. Oggi in dei giorni ho bisogno della mia solitudine, non ne ho più paura. Mi aiuta a riflettere e darmi un po’ di pace. La mia casa è diventata il mio rifugio. Essa mi protegge dalle situazioni esterne che mi fanno male o paura. Anzi sono io a proteggermi da queste dentro la mia casa. Non ho più paura a stare male, è come un raffreddore prima o poi passa. Questa consapevolezza mi permette di vivere oggi senza alcool ne sostanze.
Con tutto ciò non voglio dire che vivere è facile. In dei momenti faccio fatica a chiedermi come sto o a fermare i miei meccanismi di difesa al dolore. Solo che oggi a differenza del passato ho la capacità di ascoltarmi. A volte ci metto anche un po’ di tempo a capirmi, ma comunque lo faccio e tra il non farlo di prima e il farlo di oggi c’è una grossa differenza.
Importante per fare questo è stato 1 anno di psicoterapia e qui devo riconoscere che aveva ragione Zelinda quando al Primo Rientro mi consigliava lo psicologo. Con Stefania, la psicoterapeuta ho fatto un buon lavoro, le sono riconoscente e le voglio bene.
Altra persona importante del mio percorso terapeutico è stato un ragazzo. È diventato oggi anche un ottimo amico, punto di forza e di stabilità nella mia vita. Lo conobbi in Comunità e fin da allora sentii un legame. Nel Primo Rientro ero ancora troppo disonesta e falsa per costruire qualcosa, ma ho pagato con la sua diffidenza e delusione gli errori fatti. Ci sono stata tanto male. Oggi mi sostiene e mi accompagna anche quando le scelte che faccio sono diverse da quelle che lui vorrebbe per me. Ha la forza e la capacità di spronami, di darmi l’esempio, di farmi male quando serve. E c’è in qualsiasi momento. Il contatto più grande che ho sempre avuto con lui è sentirmi capita.
Altra persona alla quale sono legata è Lorenzo, provo un’estrema fiducia nei suoi confronti. È stato importante in diverse fasi del mio programma: riesce a scastrarmi dai miei picchi di follia e di disperazione.
Al Rientro quest’anno mi sono permessa tanto, io ci ho sentito il calore di una famiglia, la voglia e la possibilità di crescere. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di Carmelo e Lucia, che non hanno mai smesso di darmi conferme. Con Carmelo ho assaporato il piacere di sentirmi guidata da una figura paterna, Lucia mi ha dato l’appoggio di una confidente ed amica.
Al Rientro sono anche riuscita a fare il passaggio più grosso ed importante della mia vita: liberarmi del segreto della mia malattia. Quando Gianni in Comunità ha provato diverse volte a farmi capire l’importanza di questo passaggio non l’ho mai ascoltato. Non ero ancora riuscita a perdonarmi. Ne ho parlato con la mia fascia solo perchè era un passaggio dovuto e non voluto. Gianni mi ha tanto aiutato e stato vicino per questo problema ed io ho dato valore alle sue parole solo quando Simone al Rientro mi ha detto: “Come puoi pretendere di costruire un rapporto con un ragazzo se non hai nemmeno la capacità di parlarne con i tuoi amici?” Mi è arrivata una tranvata tra i denti!! Ho provato a fidarmi di Gianni e Simone ed uno ad uno l’ho confidato ai miei amici. Ancora ricordo la difficoltà di quei giorni. Chi mi è stato vicino sa quanto ho sofferto nel farlo e la paura che avevo di perdere tutti. È stato come liberarmi di un mostro che viveva dentro di me, che mi ha sempre tolto la libertà di esprimermi con sincerità. Questo passaggio mi ha aiutato a prendere consapevolezza della mia malattia, a liberarmi del dolore che mi provoca, ad assumermi una responsabilità nuova nei miei confronti e verso qualsiasi tipo di rapporto voglia oggi creare. Non è più un passaggio dovuto, ma sento di doverlo fare, quando sento il bisogno di parlare delle paure che ho nell’affrontarmi affettivamente. La spiritualità è un altro aspetto importante della mia vita, sono diventata buddista. Mi ha avvicinato una ragazza a questa filosofia di vita. Un po’ per fiducia verso questa ragazza, un po’ per costruirmi nuove amicizie ho preso confidenza con questa religione. Ora sta crescendo in me la fede. La filosofia buddista mi aiuta a rimanere umile ed avere fiducia in me stessa. Pregare ogni giorno è un modo per dedicarmi un momento del tutto mio, un po’ di pace con me stessa, dove capisco come sto e quello che voglio. Quando non ho voglia di pregare perchè fuggo da me stessa e in dei giorni può andar bene anche questo.
Sono molto soddisfatta dei rapporti d’amicizia che riesco a costruire oggi. Con la mia parte umile riesco a farmi voler bene da molte persone. Mi trovo molto bene con le persone semplici con le quali posso condividere ideali, valori e piccoli piaceri della vita. Sto male quando mi capita come con una ragazza del rientro di dovermi allontanare da qualcuno al quale sono affezionata, ma sarebbe ipocrita portare avanti rapporti quando non c’è più coerenza negli stili di vita. L’affetto certo rimane.
Sono ancora molto chiusa dal punto di vista affettivo. Il rapporto con il mio ex ragazzo mi ha fortemente segnata, condizionata, confusa. C’è stato un miscuglio di sesso, droghe, soldi, “bella vita”, amore che finchè funzionava era eccitante, ma che oggi mi ha lasciato con ferite difficili da curare. Anche se provo ogni tanto a fare un po’ di chiarezza dentro di me, capisco che solo il tempo mi porterà di nuovo ad amare qualcuno. In dei giorni sto male pensando al bisogno che avrei di sentirmi amata, o di provare quelle sensazioni che solo l’essere innamorata può darti, ma credo che questo accadrà solo quando sarò pronta a volerlo. Sono ancora troppo attratta dai personaggi negativi e non voglio correre il rischio che qualcuno possa portarmi via la mia libertà, così duramente costruita e sudata.
Tatiana operatrice e ragazza che stimo moltissimo per la sua compostezza e semplicità, mi ha aiutato durante la ricaduta a costruire il rapporto con mia madre. Separandomi da lei fisicamente, sono riuscita a creare quello stacco emotivo che mi ha sempre condizionata nella vita.
Lei sta a casa sua io a casa mia: non devo più subire il suo stile di vita. Riesco oggi anche a vedere le sue parti belle e riconosco quanto mi sta vicina. Con ciò non voglio dire che i suoi superficiali modi di fare non mi fanno più male.
Ho così trovato il valore della famiglia. Sento di aver riacquistato la fiducia di mio fratello, sento la sua protezione, così come la sentivo quand’ero piccola che stavo male per le situazioni di casa e lui poco più grande di me mi stava vicino.
Grazie alla preghiera riesco ad avere un contatto quotidiano con mio padre e stanno diminuendo i colpa: so che sto facendo quello che lui voleva per me. Mi manca terribilmente in dei giorni la sua presenza. Credo che oggi sarei stata capace di costruire con lui, un bel rapporto, essendo a differenza di mia madre una persona molto semplice.
La questione alcool mi ha già messo duramente alla prova. Per gran parte della fase C, ho frequentato ragazzi già valutati. Mi fa male vedere come valutazione e non, condizioni a tal punto i rapporti tanto da dividerli. Mi fa male che si dia più importanza nel passare le serate ad ubriacarsi che al valore delle persone che si hanno vicine. Ho paura che possa capitare anche a me e non è quello che voglio perché sarebbe deludente. Fino a poco tempo fa la voglia di avere qualcosa con cui poter staccare mi attraeva, ora mi fa paura.
I miei punti di forza sono oggi, la capacità di chiedere aiuto e la capacità di scegliere. I miei punti di fragilità sono invece la voglia al negativo che in dei giorni schiaccia la voglia di vivere.
Grazie all’OIKOS per avermi insegnato a vivere.
e arrivò il giorno… in cui il rischio….
…..di rimanere un chiuso bocciolo….
……era più doloroso…. del rischio di fiorire……