Vivere o morire: ho scelto di vivere
Un giorno mio padre mi disse: “Andrea è arrivato il momento di fare una scelta coraggiosa, devi andare in comunità.”
In quel momento quella frase mi colpì moltissimo e senza opporre alcuna resistenza accettai il suo invito.
Lui mi diede l’input che da solo non riuscivo a darmi.
Eh sì, perché non era facile accettare quella sconfitta, quel fallimento, ma la disperazione mi imponeva di fare una scelta, o vivere o morire e io scelsi di vivere.
È così che è iniziato il mio percorso all’OIKOS.
Ricordo molto bene il momento in cui sono arrivato in accoglienza, mi sentivo veramente solo, vuoto, arido.
Quando arrivai in comunità non immaginavo minimamente le fatiche che avrei dovuto fare per poter arrivare alla fine. Indubbiamente la più grande è stata quella lotta con i sentimenti. Darmi la possibilità di poter esprimere liberamente quello che sentivo.
Questa è stata sicuramente la chiave del mio cambiamento. Ogni fase di questo programma è stata importante.
Quando sono arrivato al rientro mi sono dovuto misurare con l’esterno e non è stato facile dopo un anno e più passato in totale isolamento dal mondo.
Mi è successo molte volte di fantasticare sul momento in cui avrei scritto questa relazione e adesso eccomi qua a scriverla per davvero.
Ho fatto molta fatica per arrivarci e di questo sono molto soddisfatto, ma in questo momento la paura prende il sopravvento sulla felicità.
So benissimo che non è così, ma è come se in questo momento mi venisse a mancare quel punto di riferimento che è stato molto importante nel mio cammino.
In questo periodo di fase c è stato importantissimo sapere di avere un appuntamento costante ogni quindici giorni, dove avevo il mio spazio per potermi confrontare con gli operatori.
Sono assolutamente convinto che la cosa più importante che mi sia capitata e che ai miei occhi rende tangibile il mio cambiamento, sia stata la ricaduta.
Sì perché mi ha stampato nella mente in maniera indelebile cosa significa rimanere con i piedi per terra, saldamente ancorati alla realtà e mi ha permesso di completare il lavoro iniziato in comunità.
Come ho già detto all’inizio la paura c’è, ma c’è anche un fortissimo senso di gioia dato da tutte quelle piccole grandi cose che piano piano e con molta fatica mi sto costruendo.
Per primo, il rapporto con mia madre che dopo tanti anni di silenzi e incomprensioni finalmente abbiamo ritrovato il piacere di ridere insieme.
Sono anche molto contento di come stanno andando le cose con mia sorella, perché per me è una persona molto importante e di cui ho bisogno.
Con mio padre il rapporto si è molto ridimensionato, ma anche se ci vediamo un po’ di meno rispetto a prima, credo che sia molto più vero e reale di quello idilliaco di ieri.
Ho un lavoro che mi gratifica molto e che mi rende autonomo economicamente.
In questo momento sto anche vivendo una storia per me importante con una ragazza.
Sul piano delle amicizie devo dire che non ne ho molte, ma quelle che ci sono si basano su legami forti costruiti nel tempo e questo per il momento mi basta.
Queste sono tutte cose molto importanti che mi danno quella grinta necessaria per poter affrontare la vita senza l’ausilio delle sostanze con la consapevolezza sempre più forte di non essere solo.