Sono fiero di aver fatto un bel programma
Non saprei da dove iniziare, o meglio, avrei talmente tante cose da dire che mi stanno facendo confusione!!! Un attimo che mi calmo… Dunque ricominciamo dal primo giorno, quando ho varcato la porta dell’accoglienza per poi restarci ben quattro mesi e un giorno, ricordo che mentre attraversavo la strada con lo zaino pieno di vestiti mi sono sentito un crampo allo stomaco che in un attimo si è trasformato in un pianto che non riuscivo a fermare.
Mi sentivo male, mi sembrava di essere stato condannato a morte, costretto ad un destino crudele, sarei voluto sparire in quel momento in una nuvola di fumo, ed invece sono entrato…
C’erano ragazzi e ragazze ad aspettarmi e l’ansia che mi logorava dentro… da lì un saluto a mio padre e via verso questo giorno. Quando ho iniziato il programma credevo che non fosse poi così dura, mi dicevo che c’erano tante regole, ma alla fine io posso riuscire a fare tutto e adattarmi a tutto.
Era proprio questo quello che dovevo capire, che ero convinto di tante stronzate: superman non esiste, e anche se esiste non sono io. Mi ricordo che fin dall’inizio tutti mi facevano notare il mio rapporto con la mia immagine, per me era normale, mi piacevo!!! Man mano che i giorni passavano, in accoglienza sentivo di stare meglio, non in senso terapeutico, ma perché avevamo formato il nostro gruppetto, non che facevamo chissà che, ma faceva sì che mi sentissi protetto.
Quando sono passato in C.T. la musica è cambiata, in accoglienza ti dicono che stare lì ti servirà anche per iniziare ad adattarti un po’ alla vita di comunità, a me è sembrato di sprofondare in un’altra realtà…
I primi giorni sentivo un gran senso di pace e tranquillità, tutti più rilassati, niente parolacce o insulti, la pace dei sensi… tutto questo fino al primo dinamico!!! Lo ricordo ancora come fosse ieri, o meglio non l’ho seguito per niente, riuscivo solo a stare male.
Alla fine Lorenzo ha provato a calmarmi, ma non c’e stato niente da fare, mi sono portato dietro un peso sullo stomaco per un paio di giorni. Dopo qualche settimana ho scoperto la mia passione per i puzzle, non mi serviva per isolarmi, e che a me piaceva farlo da solo in chiesetta con la porta chiusa e la musica a tutto volume per non essere disturbato… quanti confronti ho preso, quanti richiami e quanti G.I.! Il primo mese il tempo è volato, mi divertivo talmente tanto a fare il mio puzzle che i giorni volavano, ma finito quello era arrivato il momento di fare qualcosa.
Ho iniziato a vedere la prima esperienza, lo show down: non potevo credere che una persona sopravvivesse ad un’esperienza del genere, stavo male io per gli altri, e non facevo altro che giurarmi che io non l’avrei fatta (magari).
Fin da subito mi sono reso conto che avevo un atteggiamento troppo superficiale, senza rispetto e soprattutto bambino: quante frasi fuori posto, quanti interventi a sproposito e quante battutine mi sarei potuto risparmiare, prima fra tutte la mia uscita confidenziale nei riguardi di una residente: non finirò mai di vergognarmi.
Tante volte non riuscivo a contenermi, mi uscivano frasi, parole, commenti che solo dopo aver detto 1’ ultima lettera mi rendevo conto che me le sarei potute risparmiare.
Tutto ciò naturalmente ancora capita, meno frequentemente ma capita. In tredici mesi di comunità credo di aver sentito la svolta solo verso la fine, non che prima non volessi, ma chi mi conosce sa che a me piace sbattere forte i denti prima di capire che è duro.
Non so perché, ma e stato più forte di me, ho provato ad andare contro tutto e tutti: operatori, compagni, regole, ma solo alla fine sono andato contro me stesso, non è stato facile, e a volte non lo è tuttora, solo che ora non devo buttarmi giù tutti i denti prima di capire che così non va!!! Spesso mi immaginavo fuori e non vedevo 1’ora di andarci per sentirmi libero: non appena 1’ ho fatto ho combinato casini.
Il week end: non so ancora il perché ho voluto bere, non era premeditato, ma da li ho capito che dovevo cambiare veramente: basta raccontarsela, avevo tradito tutti per sentirmi libero di fare quello che volevo, e subito dopo mi sono pentito e sarei voluto tornare da dove mi ero allontanato; troppo facile così però.
Nonostante questo ce l’ho fatta: ho imparato la lezione, ho abbassato la testa, mi sono impegnato al massimo e ho fatto vedere chi sono realmente: una persona normale, o quasi, che se vuole è capace di riprendere in mano la propria vita e viverla dal verso giusto.
Detta così sembra una cosa facile che viene spontanea fare, ma non lo è, infatti appena arrivato al rientro mi sono rilassato, ho abbassato la guardia, mi sono lasciato trascinare e sono ricaduto.
Li ho sbattuto davvero forte, se ci ripenso ancora mi sento in colpa; da lì sono cambiate tante cose in me, ho sentito un cambiamento davvero radicale: con questo non voglio dire che chissà chi sono diventato, ma che da quel giorno mi sono messo a costruire delle colonne al posto dei paletti che avevo messo.
Ho deciso di inquadrare la mia vita in maniera più solida, con pochissimo margine di errore, ho iniziato a non cercare più con lo sguardo tra le persone un vecchio volto amico, non ho tolto il saluto a nessuno, ma ora è tutto diverso. Per la prima volta in vita mia vado a lavoro con la voglia di fare, certo non tutti i giorni, ma credo sia normale, però riesco ad essere soddisfatto ed apprezzato e questo mi piace.
Con la mia compagna spesso combino dei gran casini, lì ancora devo affinare la tecnica, ma spero di farcela. Di amici veri non ne ho molti, ma so che posso contare sempre su di loro a qualsiasi ora, di qualsiasi giorno, fra qualsiasi anno, e in qualsiasi circostanza.
Questa non è la solita frase che mi sono raccontato per tanti anni, stavolta l’ho sperimentato nel momento del bisogno. Detto questo credo di essere arrivato al termine della mia relazione riassuntiva, e credo di aver fatto un bel programma, perlomeno io ne sono fiero.